Dalla Guida Galattica a Sherlock, da The Hobbit a Fargo, dai film Marvel al supernatural thriller con Ghost Stories, la XXIII edizione di Romics ha celebrato l’inglese Martin Freeman con l’assegnazione del primo Romics d’Oro mai attribuito a un attore.
Freeman straordinario interprete d’immaginari che dalla letteratura e dai fumetti sono passati al cinema, dalla televisione al teatro, in un’ottica assolutamente transmediale.
Sin dagli esordi della sua carriera, dopo il primo ruolo importante nella pluripremiata serie inglese The Office (2001), Martin Freeman ha sperimentato generi narrativi differenti con un’eleganza e un’accuratezza estremamente personali e brillanti, passando dal romance in Love Actually (2003) alla sgangherata fantascienza di Guida galattica per autostoppisti (2005), dal giallo della serie BBC Sherlock (2010) - che gli ha garantito un BAFTA e un Emmy Award - in cui veste i panni di un magnetico Dottor Watson, fino al fantasy con la traduzione tolkeniana in forma di trilogia per The Hobbit (Un viaggio inaspettato, La desolazione di Smaug e La battaglia delle cinque armate, 2012, 2013 e 2014), dove interpreta il giovane Bilbo Baggins per la direzione di Peter Jackson. Nello stesso 2014, Freeman è tornato alla serialità televisiva come protagonista della miniserie Fargo, e nel 2015 ha fatto la sua prima comparsa sul grande schermo in un cinecomics con Captain America: Civil War. Nel 2018 è tornato in casa Marvel con Black Panther e il 19 aprile arriverà in sala con Ghost Stories, supernatural thriller in cui interpreta uno scettico conduttore televisivo alle prese con sedicenti sensitivi e violenti misteri irrisolti.
La XXIII edizione di Romics ha cosi celebrato il grande attore inglese con l’assegnazione del Romics d’Oro e un incontro speciale nel Pala Romics, dove si è festeggiato la sua lunga carriera di grandi successi dell’immaginario collettivo dell’ultima generazione.